E’ questo il nomignolo che ci siamo date noi tre membri del
comitato direttivo, sia per brevità, sia per canzonarci da sole, dato che, nel
ruolo di coloro che devono dare una direzione all’associazione, ci sentiamo un
po’ in difetto.
Ci siamo ritrovate in questa posizione un po’ per caso: due
di noi sono state quelle che hanno avuto l’idea di creare il gruppo e che
portavano in dote una buona esperienza di ricamo, un’altra si è resa
disponibile a supportare l’organizzazione. Questo ha fatto sì che, nel momento
in cui il gruppo di ricamo si è dato veste di associazione, al terzetto fosse
attribuito all’unanimità il compito di tenere il timone della navicella delle
appassionate d’ago.
I dubbi e le sfide si sono presentati sin dall’inizio: come
interpretiamo il nostro ruolo? Ci riserviamo effettivamente le decisioni di
indirizzo o preferiamo avere un confronto aperto con tutte? Quali proposte
abbiamo per il gruppo? Siamo tenute ad adempimenti burocratici? Come facciamo a
coprire le spese? Insomma, un momento di panico…
Abbastanza in fretta abbiamo optato per il coinvolgimento di
tutte le associate nelle decisioni riguardanti l’attività del gruppo,
riservando per lo più a noi stesse e a qualche fida volenterosa la gestione
delle scartoffie, dei conti e del blog.
Altrettanto velocemente abbiamo però
constatato come non fosse semplice avere un vero confronto partecipato ed
aperto con tutte le associate: da un lato la timidezza di alcune, dall’altro la
paura di esprimere opinioni discordanti da parte di altre, dall’altro ancora la
sensazione di non avere titolo per dire la propria da parte di certune, ci ha
messo a volte di fronte alla situazione di non avere un dialogo fluido con
tutte.
E’ seguita dunque l’idea di un passaggio intermedio, vale a dire di condividere
alcune questioni con un gruppo più allargato di associate, per poi riportare
all’intera associazione delle decisioni già sgrezzate di alcuni elementi. Tuttavia,
il fatto di non riservare molto tempo ad incontri dal vivo e prediligendo lo
scambio a distanza, non ha agevolato il funzionamento di questo metodo, che
comunque è stato mantenuto per diverso tempo.
Nonostante la condivisione, nostra ossessione costante è
stata: sono soddisfatte le associate? Stiamo facendo qualcosa che piace e che incontra
le loro esigenze? Le nostre proposte le coinvolgono davvero? E la nostra
organizzazione delle serate: è buona? È carente? Si trovano tutte a fare ciò
che desiderano? Ed ancora: stiamo facendo un percorso di crescita, di
progressione, oppure stiamo saltando di palo in frasca senza continuità
d’intenti?
Qualche risposta al prossimo post…
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